SESTO CALENDE: NO ALLA TASSA DI SOGGIORNO


COMUNICATO STAMPA - Sesto Calende: no alla tassa di soggiorno.


Federalberghi Varese reagisce dopo l’articolo apparso su La Prealpina in cui si riporta il suggerimento ai candidati sindaco di introdurre a Sesto Calende la tassa di soggiorno

 

Varese – Federalberghi Varese dice no all’ipotesi di introduzione della tassa di soggiorno a Sesto Calende e lo dice ribadendo il suo ruolo come principale associazione di rappresentanza del settore alberghiero sul territorio, snocciolando i motivi del suo no e ricordando che sulla tassa pende anche un ricorso che costringerebbe i Comuni a restituire le imposte illegittimamente incassate.
Va ricordato che il suggerimento di introdurre la tassa di soggiorno, al fine di reperire fondi da investire nel turismo cittadino, è stato rivolto dal Gruppo Commercianti sestesi ai futuri candidati per le elezioni amministrative (che si terranno nella primavera del 2019). Tale suggerimento è stato riportato in data 22 novembre dal quotidiano La Prealpina: per Federalberghi Varese questa proposta appare fuori luogo e inopportuna sia nel metodo che nel merito.

I perché di un no

Nel metodo appare sconcertante che un piccolo gruppo di imprenditori parli a nome di un’altra categoria. La superficialità di certe affermazioni non può che lasciare perplessi: nessun imprenditore alberghiero penserebbe mai di fare un’invasione di campo in settori e ambiti che non gli competono e di cui non ha specifica conoscenza. Si tratta in primo luogo di una questione di rispetto dei ruoli.

Entrando poi nel merito diverse sono le osservazioni che gli albergatori, da tempo, fanno rispetto alla introduzione di questo ennesimo balzello e vale quindi la pena di ricordarle.
La tassa di soggiorno ha, in primo luogo, la caratteristica di appesantire il costo della stanza per gli ospiti e di rendere quindi i prezzi meno competitivi creando disparità di condizioni tra gli operatori dei diversi Comuni. «Aumentare il costo – osserva il presidente di Federalberghi Varese, Frederick Venturi – ha l’effetto di far diminuire la domanda e non certo di attrarre nuovi turisti». I dati in questo caso dipingono già bene la situazione: nel 2017 le presenze registrate sono state 10mila in meno rispetto all’anno precedente e per lo più si tratta di ospiti (33%) provenienti dalla stessa Lombardia ovvero di un turismo business che sarebbe colpito dall’aumento dei costi, ma non avrebbe alcun beneficio da eventuali interventi a favore del turismo stesso.
In secondo luogo è evidente che, chi ha avanzato la proposta, non sa cosa significhi, per un’attività ricettiva, gestire questo adempimento. Per applicare la tassa di soggiorno occorre infatti adeguare i programmi informatici, con conseguenti costi a carico dell’azienda, senza contare il tempo che il personale deve riservare per questo adempimento amministrativo. Tempo improduttivo che si traduce in ulteriori costi per l’azienda.
In terzo luogo non va trascurato il contributo che già gli albergatori danno all’erario in termini di tributi locali. Basti pensare all’IMU che è solo parzialmente deducibile dal reddito d’impresa, nonostante sia calcolata sul valore di un immobile strumentale. E poi la TARI per la quale l’albergo è costretto a pagare sulla base delle superficie dell’hotel, come se la struttura lavorasse sempre al 100% di occupazione.


Il ricorso pendente


Un altro elemento va inoltre tenuto in conto, non solo dai futuri amministratori di Sesto Calende. Federalberghi Varese ha infatti proposto un ricorso contro la delibera della giunta di Regione Lombardia ( XI/145 del 21.05.2018) con cui si stabilisce di “riconoscere (indistintamente) tutti i comuni della Regione come comuni turistici ai fini dell’istituzione della tassa di soggiorno”: tale ricorso attualmente è pendente di fronte al Tar Lombardia-Milano e il suo eventuale accoglimento travolgerebbe retroattivamente tutti gli atti pregressi, costringendo a restituire le imposte illegittimamente incassate, oltre a risarcire il danno causato alle strutture con l’imposizione della tassa stessa, in particolar modo nel confronto concorrenziale con le strutture dei comuni limitrofi in cui la tassa non è stata istituita.
«L’appello finale – conclude Venturi - va dunque al senso di responsabilità dei candidati sindaci affinché non si facciano alettare da proposte superficiali prive di un’analisi ed un confronto con i soggetti coinvolti. Le aziende alberghiere devono essere aiutate e non tartassate. Gli imprenditori alberghieri meritano rispetto perché creano occupazione e danno lustro al territorio».

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